la storia di mademoiselle

In Francia è stata trovata una femmina di cane, tipo Pastore Tedesco, sequestrata ad un giro di senza tetto che avrebbe confessato di averla rubata a degli italiani. Ma questo cane ha un segno identificativo speciale: la cagnolina, a cui viene dato il nome fittizio di Mademoiselle (n. d. Tr.: in francese significa “Signorina”), è identificata con un microchip italiano.

E’ giovedì, siamo in pieno periodo estivo ma dietro le quinte i lavori per costruire l’Anagrafe Animale Privata Italiana sono incominciati già da tempo. Il caso della cagnolina francese sembra purtroppo uguale a tanti altri ma rimane la domanda: cosa fare? Il lunedì successivo si decide di chiamare la ditta produttrice nella speranza di riuscire a risalire a chi è stato venduto quel microchip. In Italia, infatti, non esiste una anagrafe canina nazionale, le diverse Regioni italiane hanno recepito in modo differente la legge che disciplina l’istituzione dell’anagrafe canina e quindi non c’è nessuna possibilità per rintracciare i proprietari di Mademoiselle se non immettendo il codice in una delle poche banche dati regionali elettroniche o, se questo non serve, attivare tutta la banca dati di contatti dell’Associazione, dislocati a migliaia sull’intero territorio nazionale e anche i media. E, ovviamente, il produttore.

L'azienda produttrice comunica telefonicamente che il chip in questione è stato venduto ad una ASL in provincia di La Spezia. Solo che ai responsabili di APER che chiamano la ASL interessata viene detto che quel chip lì non è mai arrivato e, a fronte dei controlli fatti per cercare di rintracciare quel transponder (è il termine tecnico quando si parla di microchip), emerge una cosa ancora più inquietante: manca l'intera scatola contenente altri 9 chip. Durante le varie telefonate uno degli incaricati della suddetta ASL riferisce anche di un microchip che alla lettura riporterebbe sull'etichetta un codice diverso da quello letto dalla macchina. Nonostante varie richieste, di cui una effettuata anche via fax proprio a questa ASL, l'esistenza di questo chip “farlocco” non verrà mai né confermata né smentita, né da parte della ASL, né da parte del produttore che risponde di non poter replicare non essendo stato informato da parte della suddetta ASL di questo chip anomalo.

Nel frattempo le ricerche sortiscono i primi risultati, per quanto con esito negativo. Alcune ASL sono infatti inserite nella banca dati dell’Associazione e alcune di queste rispondono: il chip non risulta registrato in Toscana, risponde anche qualche ASL in Emilia Romagna, Sardegna, Umbria e Veneto. Tacciono tutte le altre. Ma parlano i contatti privati, rispondono molte Associazioni e risponde anche la stampa italiana rilanciando l’appello rivolto a tutti: aiutateci a ricostruire il passato di Mademoiselle!

Nell'attesa viene rilasciata anche una assunzione di responsabilità per il cane che, se fosse rimasto in Francia e non avesse trovato una famiglia adottiva, sarebbe stato soppresso perché in quel Paese i canili sono a numero chiuso. E non solo: alla ditta fornitrice i responsabili dell’Associazione mandano un elenco di 28 microchip trovati addosso a dei cani segnalati negli anni ad APER e per i quali non era mai stato possibile rintracciare la famiglia: vuoi perché non erano mai stati registrati, vuoi perché non era stato possibile capire in quale Comune erano stati venduti, vuoi perché proprio questa azienda, contrariamente ad altre che si erano sempre rese disponibili ad aiutare a risalire a chi fossero stati venduti i chip, non era stata in passato interessata a collaborare. Diamo atto all'azienda in questione per avere finalmente capito che, proprio a causa di un sistema carente lungo tutta la filiera di gestione dei microchip, è NECESSARIO poter contare sulla collaborazione di produttori e fornitori.
Il risultato? Ad oggi, di quei 28 chip, 15 non si sa ancora a quali proprietari siano intestati...

Torniamo a Mademoiselle. Grazie ad una foto pubblicata su di un noto quotidiano e al Comunicato Stampa rilasciato dall’Associazione, la cagnolina viene riconosciuta... dai volontari attivi in un canile dal quale era stata rubata nel febbraio 2006, dopo essere stata trovata vagante nei pressi di Ventimiglia, probabilmente abbandonata. La foto e il microchip combaciano: è LEI!

Sorge un sospetto: ma non sarà che dove c’è un microchip ci siano anche gli altri? E, guarda, guarda saltano fuori tutti gli altri 9: in parte presso la ASL di competenza e in parte già impiantati su alcuni altri cani ospiti dello stesso canile dal quale era stata trafugata la cagnolina! Tutti sono quindi in provincia di Imperia e non in provincia di La Spezia. In parallelo, grazie ad una anagrafe canina coscienziosa, giunge una notizia che però infittisce il mistero: nella banca dati a priori della Regione Lombardia, risulta presente uno dei 10 microchip che invece è in Liguria. Ma come è possibile???

E' un lavoro lungo, laborioso, mettere insieme i tasselli di un puzzle così grande! Grazie alla collaborazione della ASL deputata al canile di Ventimiglia si delinea finalmente la verità. Tutti i 10 microchip sono stati consegnati con regolare DDT alla ASL di Bussana di San Remo in provincia di Imperia. Stessa data della consegna mai pervenuta alla ASL in provincia di La Spezia ma con numeri di documenti di trasporto diversi. Due distinti DDT per la stessa, unica partita.

I responsabili di APER preferiscono non divulgare la notizia e restano in attesa di informazioni certe relative al chip doppio, ossia quello presente fisicamente in Liguria ma anche registrato nella banca dati della Regione Lombardia. La Regione Lombardia risponde alla mail inviata il 29 settembre 2006 in data 24 ottobre 2006, scrivendo: “... a seguito delle verifiche effettuate in merito alla Sua email, è stato appurato che, su richiesta da parte di un ente protezionista di controllare la partita di n. 10 microchip in questione, un dipendente della ASL, in data 04/09/2006, anziché limitarsi a verificare la presenza del codice in banca dati, avrebbe erroneamente attivato la funzione di inserimento in anagrafe a priori del microchip in oggetto. Per tale motivo questo microchip risulterebbe collegato al Sig. XXX (n.d.R.: omissis per rispetto della legge che tutela la privacy), senza peraltro essere associato a nessun cane, né essere fisicamente presente presso la ASL...”

Quindi basta di nuovo una disattenzione per immettere in una banca dati REGIONALE un chip che invece è fisicamente proprio da un’altra parte!

Nel frattempo continuano le indagini anche per altri casi e si accavallano le segnalazioni di disguidi vari. Una famiglia che in provincia di Roma ha smarrito un cane, ne ritrova uno che pensa essere suo, salvo poi constatare che il cane trovato ha un chip diverso, che quindi non si può trattare dello stesso animale ma che proprio il chip di quel cane è stato inserito in modo errato in banca dati (il proprietario è quindi inizialmente introvabile e si riesce a rintracciare solo attraverso tutta una serie di nuovi ulteriori controlli incrociati) e che il chip del loro stesso cane non era stato inserito all’anagrafe benché fosse stato debitamente denunciato all’anagrafe canina di competenza....

E poi c’è il caso di una signora in Toscana che, incentivata da quanto consigliato nella sezione “Cosa è un microchip” sul sito di APER, si reca alla sua anagrafe canina per verificare la posizione dei suoi due cani, regolarmente identificati con un transponder e per i quali aveva chiesto anche il passaporto, come previsto dalla legge, dovendosi recare all’estero. Ma cosa scopre? Che i chip non solo non sono stati registrati, nonostante fossero ormai passati MESI dalla richiesta di iscrizione e le fosse stato rilasciato il passaporto per entrambi, no... le viene chiesto in modo strafottente se è sicura di avere due cani!!!

E giunge la richiesta da un Ufficio Diritti Animali in Lombardia che chiede aiuto per tre cani trovati con tanto di microchip e per le quali le ASL deputate alla loro “decifrazione” non sono in grado di dare risposta. Sono bastate 48 ore, UNA mail e la collaborazione attiva da parte dei fornitori interessati ad aiutare l’UDA in questione, per comunicare i riferimenti necessari per risalire alle famiglie degli animali.

Per non parlare di quel veterinario ASL della provincia di Milano che, interpellato in merito ad un cane che era stato ritrovato con un microchip con la sigla iniziale 982... avrebbe sostenuto che si trattava di un microchip “vecchio”, impossibile da rintracciare. E’ bastata di nuovo UNA mail per risalire a quale ASL sarebbe stato venduto il chip e indirizzare le ricerche nella direzione giusta.

Nel frattempo, l'azienda produttrice del microchip di Mademoiselle si sente in dovere di inviare all’Associazione Animali Persi e Ritrovati una lettera che conclude in modo inequivocabile con le seguenti righe: “...Riservandoci di difendere il buon nome della nostra società in tutte le sedi del caso...”.

E’ solo allora e a fronte di tutta la documentazione raccolta, che l’azienda viene invitata ad un incontro per visionare la documentazione e a controllare il sistema di gestione dei documenti di trasporto. Dopo le opportune verifiche, la ditta risponde in data 9 novembre 2006 con le seguenti righe: "Ci scusiamo per il tempo intercorso tra la Sua richiesta e la dovuta risposta ma, come sicuramente comprenderà, abbiamo dovuto/voluto verificare tutti i passaggi di tale vicenda. In merito alla comunicazione della Asl 1 di Imperia abbiamo verificato che in data 04.04.2005 la stessa Asl ci informava di un disguido di consegna tra la merce realmente ricevuta ed il file con i numeri di microchips scaricati dal ns/magazzino. La bolla in oggetto è la ddt n° 33615120. Risalendo nei nostri archivi abbiamo rinvenuto una nostra comunicazione alla Asl di Imperia con data 15.04.2005 in cui Li informavamo che tale disguido era probabilmente da attribuire ad un errore in fase di preparazione e prelievo di prodotto a magazzino, scusandoci dell'inconveniente abbiamo rimandato alla medesima Asl il file corretto. Nulla ci è pervenuto dalla Asl di La Spezia (che ha anche dichiarato di non aver spuntato i colli ricevuti con la ddt 33615123) o da chi per essi e loro, come nessun altro cliente, ci ha inoltre fornito similare segnalazione. Vi ringraziamo per la Vostra collaborazione e per averci segnalato quanto occorso in tale occasione e rimaniamo a Vostra disposizone per ogni ulteriore necessità in merito. Cordiali Saluti".

Ad oggi l'azienda non ha però ancora risposto alla richiesta di verifica di ulteriori 200 microchip. Uno di questi risulta intestato al Comune di Sant’Ilario d’Enza e fa a sua volta parte della partita di 28 chip sottosposti all'azienda per una verifica. Ma in Comune QUEL microchip, trovato addosso ad una cagnolina rinvenuta in Puglia, risulta assolutamente sconosciuto, mai pervenuto, mai registrato... Un’altra Mademoiselle?

Nelle ultime settimane un nuovo caso: un cane sempre identificato con un microchip viene inspiegabilmente portato dalla provincia di Mantova in cui era stato rinvenuto, al canile di Cremona. E lì languirebbe ancora se una gola profonda non avesse avvertito qualcuno. Grazie a chi ha concepito l'Anagrafe Animale Privata Italiana e al fornitore del chip in questione si riesce a risalire che il transponder è stato venduto ad una ASL di Mantova. Così il cane torna nel comune di pertinenza. Ma non basta ancora. Ci vorranno la cocciutaggine dei responsabili del canile locale che aderiscono al progetto Pool Canili Puliti e un articolo sulla Gazzetta di Mantova per rintracciare il proprietario dell'animale e per scoprire infine che un addetto dell’anagrafe aveva semplicemente dimenticato di registrare il cane... ma, finalmente la bestiola torna a casa! Dopo tre mesi di peripezie e l’angosciante quanto assolutamente inutile permanenza in un canile.

Si conclude qui il resoconto di quanto è successo in questi anni e soprattutto negli ultimi mesi per cercare di dipanare tante matasse. Tutta la documentazione a cui fa riferimento questo resoconto è stata depositata presso avvocati di fiducia.

Nelle prossime settimane l’Anagrafe Animale Privata Italiana e APER rilasceranno un documento che cercherà di spiegare ad addetti ai lavori o a semplici interessati come “leggere” un microchip. Affinché venga rispettata l’identità di un animale.

Per ovvi motivi di sicurezza Mademoiselle, a cui tante persone e tanti animali devono profonda gratitudine, per quanto abbia ormai trovato una famiglia amorevole che l’ha adottata, sarà sempre iscritta in questa banca dati a nome dell’Associazione che ha fatto di tutto per ricostruire il suo passato e con il sostegno di una comunità che continua a credere che il microchip sia attualmente il migliore sistema di identificazione per un animale. A condizione che se ne occupino persone coscienziose e i diretti interessati, ossia gli stessi proprietari.

Ecco perché l'Anagrafe Animale Privata Italiana è e rimarrà

PRIVATA e INDIPENDENTE!

Per evitare all'uomo e al suo animale:

l’angoscia di non sapere cosa sia successo

il trauma di venire rinchiusi, forse per sempre, in un canile/gattile

di essere dati in adozione a qualcun altro

la paura di non rivedersi mai più

oggi bastano una iscrizione del costo di pochi Euro e una linea ad internet.

Per tornare a casa. Presto!

Si ringraziano in modo particolare la ASL di Bussana di San Remo (IM), l'Anagrafe Canina di Viadana (MN), l'Anagrafe Canina di Sant'Ilario D'Enza (RE), le ASL che hanno aiutato nelle ricerche e soprattutto i cittadini privati che negli ultimi mesi e soprattutto nelle ultime settimane hanno incoraggiato gli ideatori ad andare avanti e inaugurare definitivamente la prima Anagrafe Animale Privata Italiana dedicata non solo ai cani ma ai più comuni animali d'affezione.

Modena, 18 dicembre 2006